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Italia dei Diritti

Movimento politico nazionale
per la difesa dei diritti dei cittadini.

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Oltre 250 licenziamenti al San Raffaele di Velletri, inammissibile per Celardo

Il viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti : “Se la Sanità ha problemi va ristrutturata non troncata con l’accetta”

 

 

Roma –  Le lettere di licenziamento arrivate a 257 operatori del San Raffaele di Velletri hanno scatenato sgomento e disperazione per centinaia di famiglie. Una catastrofe occupazionale annunciata da tempo, ma alla quale si sperava che le istituzioni territoriali avrebbero posto rimedio.

 

Rabbia e sgomento traspaiono dalle parole di Carmine Celardo, viceresponsabile per il Lazio dell’Italia dei Diritti: “Ci schieriamo con decisione e fermezza al fianco dei lavoratori dell’ospedale laziale, i quali tra l’altro operano lodevolmente da anni in condizioni sfavorevoli. Occorre ricordare infatti che quello di Velletri, al centro di numerose inchieste, è solo un frammento dell’organizzazione ospedaliera nazionale del San Raffaele, che avrebbe dovuto evitare tutto questo. La cosa più grave è che si chiude la clinica in questione  e non si fornisce ai lavoratori una reale alternativa. Per alcuni è previsto il trasferimento a Cassino, che dista oltre duecento chilometri da Velletri, altri saranno assorbiti dalle varie strutture del San Raffaele in giro per la regione”.

 

 

In mattinata, alcuni dipendenti si sono incatenati al cancello della clinica, protestando contro le centinaia di licenziamenti in corso e richiedendo un’incontro con le autorità politiche ed amministrative responsabili.

 

“Da tenere in considerazione – osserva l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - che gli operatori del San Raffaele di Velletri percorrono già quotidianamente almeno 30/40 chilometri per raggiungere il posto di lavoro, visto che il sito non è raggiunto dal trasporto pubblico locale. Figuriamoci se verranno trasferiti a Cassino, non dimenticando che si parla di OSS con contratti struggenti, costretti a trasferimenti forzati poiché senza scelta. La Regione latita, è cieca o che altro? Sembrerebbe un atto gratuito di trascuratezza verso le duecentocinquantasette famiglie e nei confronti di tutti i cittadini residenti, ai quali viene negato il diritto alla salute. Più che la chiusura della sede del San Raffaele – continua Celardo -, che dovrà meditare sulle sue colpe, a noi sta a cuore il destino delle centinaia di operatori liquidati con qualche riga scritta. Chiediamo un immediato intervento della Presidente Polverini affinché vengano mantenuti adeguatamente tutti i lavoratori dell’ospedale attraverso decisioni a tutela delle loro diritti. Se la Sanità ha problemi va ristrutturata, non troncata con l’accetta. Ci mobiliteremo con una campagna contro gli azzeramenti, gli sprechi e le misure drastiche che non possono in nessun modo pesare sulle spalle dei cittadini”.

 

Inarrestabile fuga giovanile dal Mezzogiorno, l’analisi della Sassone

La viceresponsabile per il Lavoro e l’Occupazione dell’Italia dei Diritti: “Nella pur condivisibile analisi Svimez, si trascura però un fenomeno sostanziale, la criminalità organizzata”

 

  

Roma - Il Paese arretra e il Mezzogiorno ne risente come mai. I dati dell’ultimo rapporto Svimez parlano chiaro, sottolineando come la scarsa natalità, una disoccupazione reale al 25% che causa la massiccia emigrazione verso il Centro-Nord e l'estero, rischiano di trasformare il Mezzogiorno in un'area spopolata, sempre più anziana e dipendente dal resto del Paese: nel 2050 quasi un abitante su cinque avrà più di 75 anni.

 

“La complessità del documento redatto ogni anno dallo Svimez – osserva Antonella Sassone, viceresponsabile per il Lavoro e l’Occupazione dell’Italia dei Diritti - si propone di fornire uno strumento di valutazione e d’intervento per lo Stato, con l’obiettivo di porre una soluzione alla sempre annosa questione meridionale. Nella pur condivisibile analisi dell’Associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, si trascura però un fenomeno sostanziale, la criminalità organizzata. Dalle mafie dei colletti bianchi ai sistemi malavitosi che soffocano l’emergere di economie oneste e che impediscono qualsiasi forma di sviluppo.

 

 

Secondo il rapporto, benché nelle regioni meridionali siano presenti meno del 30% degli occupati italiani, si riscontra  il 60% delle perdite di lavoro causate dalla crisi.

 

“Al Sud – seguita l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro - non si può parlare di occupazione, di crescita industriale, di trasporti, senza parlare di mafie, che generano  business colossali in ogni settore. L’incessante esodo dalle regioni meridionali è una delle conseguenze più rilevanti di questo Sud – sottolinea la Sassone -. Soltanto quando lo Stato deciderà di liberare le istituzioni dai malavitosi appartenenti alle più disparate correnti politiche, se la lotta alle mafie diventerà effettiva, colpendo l’economia del malaffare e se le coscienze individuali saranno vigili e supportate dalle amministrazioni pubbliche, la questione meridionale potrà terminare”.

Fratello ucciso da Polizia? L’Italia dei Diritti si stringe attorno a Marinelli

Il presidente del movimento Antonello De Pierro esprime la sua solidarietà al responsabile per il Lazio e per la Tutela dei Consumatori e chiede che sia accertata la verità: “Se ci sono state delle responsabilità auspichiamo che vengano accertate  e che chi ha sbagliato paghi in maniera esemplare. Condividiamo con Vittorio il dolore per la grave perdita subita e soprattutto l’impegno affinché, per una vita spezzata troppo presto, sia fatta giustizia”

 

 

Roma - Una gravissima tragedia ha colpito Vittorio Marinelli, responsabile per il Lazio e per la Tutela dei Consumatori dell’Italia dei Diritti. Suo fratello Luigi, 48 anni, è deceduto in circostanze ancora da chiarire, ma che, alla luce di alcuni elementi emersi nell’arco temporale che ha visto il divenire progressivo degli eventi fino al tragico epilogo, allungano pesanti ombre di dubbio sull’operato di qualcuno tra gli agenti di polizia intervenuti. Il germano dell’esponente del movimento extraparlamentare, invalido civile affetto da schizofrenia, si trovava in casa con la madre, un alto dirigente ministeriale in pensione, con cui stava discutendo e sembra che avesse minacciato di usare le mani. La donna, per evitare il peggio, allertava il 113 che inviava sul posto del personale in divisa. A quanto pare sembrerebbe che i primi agenti intervenuti abbiano applicato alla lettera quanto stabilito dal protocollo di intervento e sarebbero riusciti a calmare l’uomo conquistandone la fiducia. La situazione sarebbe poi precipitata quando lo stesso avrebbe chiesto di allontanarsi per raggiungere la sua compagna. Qui, alla presenza del fratello Vittorio, di professione avvocato, giunto da pochi minuti, gli sarebbe stato impedito, giustamente oseremmo dire, in quanto sembra che questi fosse ancora un po’ su di giri. Ma questo rifiuto avrebbe scatenato la sua reazione, che sembra abbia ricominciato ad agitarsi, trattenuto a fatica da tre agenti, che non riuscendo da soli a gestire la situazione, avrebbero chiamato rinforzi. E’ qui il punto da cui inizia il modus operandi contestato dalla famiglia, che parla di analogie col caso Adrovandi, il diciottenne  di Ferrara percosso e ucciso da quattro poliziotti poi condannati per i fatti loro contestati. Infatti pare sia giunto sul posto un altro agente di corporatura molto robusta, un vero energumeno, che sarebbe saltato addosso all’uomo ammanettandolo e bloccandolo violentemente contro la porta spingendo con il ginocchio contro la sua schiena. Secondo quanto riferito dal dirigente dell’Italia dei Diritti, suo fratello avrebbe iniziato a sentirsi male, diventando cianotico, con lapalissiane difficoltà respiratorie, e lui avrebbe iniziato a gridare chiedendo di togliere subito le manette, ma pare non ci fossero le chiavi, portate poi da altri agenti. Quando queste sono state rimosse non c’era più nulla da fare, se non un maldestro tentativo di rianimazione che sembra che gli agenti abbiano cercato di fare tramite un massaggio cardiaco. Dulcis in fundo l’arrivo dell’ambulanza, dopo circa un’ora, il decesso del malcapitato, un esame autoptico da cui risulterebbero diverse costole rotte e un’emorragia epatica.

A testimoniare la vicinanza di tutto il movimento a Vittorio Marinelli e alla sua famiglia è intervenuto il presidente Antonello De Pierro: “Alla luce dei fatti emersi, tutti naturalmente da accertare, parlare di analogie con il caso Aldrovandi mi sembra un po’ azzardato, lì si trattò di violenza gratuita, deprecabile e brutale contro un ragazzo inerme in una congiuntura di grave sottomissione psicologica della vittima, con la capacità di reagire annientata dal terrore del frangente e dal dolore delle percosse, da parte di quattro agenti che purtroppo, per quanto ne sappia, sono ancora in servizio. Qui la situazione è molto diversa, se non nella causa del decesso, che con ogni probabilità è da attribuirsi a ipossia per compressione toracica a causa della postura a cui la vittima è stata costretta suo malgrado. Ciò non toglie che, in base agli elementi testimoniali oculari riferitici da Vittorio, qualcosa nell’applicazione del protocollo procedurale sia stata disattesa. Indubbiamente qualcuno ha superato i limiti concessi dalla codifica normativa. Il tutto, compreso l’inspiegabile ritardo dell’ambulanza, ha causato la morte di una persona. Se ci sono state delle responsabilità auspichiamo che vengano accertate  e che chi ha sbagliato paghi in maniera esemplare. Eventi tragici come questo in un paese civile non possiamo accettare che avvengano, è necessaria una maggiore professionalità, perché purtroppo l’approssimazione e la superficialità regnano sovrani. Ci stringiamo attorno a Vittorio Marinelli, che è una delle colonne portanti dell’Italia dei Diritti, e alla sua famiglia, condividendo il dolore per la grave perdita subita e soprattutto l’impegno affinché, per una vita spezzata troppo presto, sia fatta giustizia, dopo aver appurato le eventuali colpe dirette o indirette”.

 

 

Continua raccolta firme contro il ‘Porcellum’, Tortosa commenta

Il responsabile per la Politica Interna  dell’Italia dei Diritti: “Spero che in questi ultimi 15 giorni si manifesti un coinvolgimento spontaneo da parte di partiti, associazioni e cittadini per la raccolta firme, affinché si abbia la possibilità di scegliere chi ci debba rappresentare e fare le riforme necessarie per il Paese”

 

 

Roma – Continua la raccolta per le 500mila firme a favore del referendum contro il ‘Porcellum’, l’attuale legge elettorale, che prevede l’elezione dei parlamentari senza l’espressione del voto di preferenza da parte dei cittadini chiamati alle urne. La mobilitazione vede impegnate numerosi partiti politici e movimenti civici, come la stessa Italia dei Diritti Anima del comitato è anche questa volta Mario Segni.

 

Oscar Tortosa, responsabile per la Politica Interna dell’Italia dei Diritti, ha così commentato: “Riconosciamo che la grossa mobilitazione per la raccolta firme a favore della nuova legge elettorale è stata anche questa volta dall’Italia dei Valori, che in tutto il Paese ha messo insieme la metà delle firme necessarie.

Ho una polemica da fare. In molti quartieri di Roma sono stati allestiti tavoli per la raccolta da parte di varie organizzazioni, dando significativamente la possibilità ai cittadini di firmare, tra cui anche a persone che fanno parte dei partiti di destra. Credo che questa sia una situazione sorprendente. Ma il Pd, che rappresenta la compagine politica più grande rispetto alle altre, non ha assunto a pieno l’impegno proprio come per il referendum sull’acqua, il nucleare e il legittimo impedimento. Così come è successo per gli altri quesiti referendari – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro –, per i quali si era verificata una mobilitazione spontanea dettata dalla voglia di cambiamento, spero che in questi ultimi 15 giorni si manifesti un coinvolgimento spontaneo da parte di partiti, associazioni e cittadini per la raccolta firme, affinché si abbia la possibilità di scegliere chi ci debba rappresentare e fare le riforme necessarie per il Paese”.

 

A Roma malata Mcs che vive in auto sanzionata per 4000 euro, lo sdegno della Sassone

La viceresponsabile capitolina dell’Italia dei Diritti: “Ci uniamo dunque all’appello fatto al sindaco di Roma per dare un aiuto ad Ester, magari proprio cominciando dall’annullare le multe”

 

 

Roma -  Un calvario lungo dieci anni, una malattia rara e insidiosa : la Sensibilità Chimica Multipla (Mcs) e come unico rifugio la propria automobile. Per due anni Ester, una giovane donna, costretta dalla patologia di cui soffre,  ha abitato in divieto di sosta a pochi passi dall’Ospedale San Giovanni di Roma e per questo ha ricevuto 4000 euro di multe. Al danno di mancata tutela per quanti, come lei, soffrono di tale sindrome immunotossica infiammatoria, in grado di provocare allergie gravissime a quasi ogni cosa, si è aggiunta la beffa delle sanzioni.

Sulla vicenda è intervenuta Antonella Sassone, viceresponsabile per Roma dell’Italia dei Diritti : “La Mcs  non è riconosciuta in Italia come malattia, non ha un proprio codice sanitario né una normativa che tuteli in alcun modo chi ne è affetto. Così non si viene considerati ‘disabili’ ai fini del collocamento obbligatorio, non si hanno assistenze economiche da parte dello Stato, non ci sono ambienti ‘adatti’ per permettere a queste persone di vivere decorosamente. Ciò  che è accaduto ad Ester - prosegue la Sassone - è l’effetto di tutte queste componenti insieme, aggravate dall’ignoranza diffusa su certe patologie e dall’indifferenza di molti”.

 

Ester, nonostante l’invalidità recatale dalla Mcs nel 2009 ha fondato l’associazione “Anchise”  un punto d’incontro per tutti coloro che subiscono la terribile solitudine generata dalle manifestazioni allergiche. Un isolamento fisico e umano che non ha considerazioni sufficienti da parte delle istituzioni.

 

“Le responsabilità – commenta l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro -  sono da imputare in primo luogo al legislatore troppo distratto da questioni più urgenti come ad esempio evitare che i propri stipendi e benefit vengano toccati dalle manovre economiche che si susseguono, e in secondo luogo alle amministrazioni locali che hanno il dovere , se non altro per il tanto decantato principio di sussidiarietà, di intervenire laddove lo Stato è assente. Ci uniamo dunque – chiosa la Sassone - all’appello fatto al sindaco di Roma per dare un aiuto ad Ester, magari proprio cominciando dall’annullare le multe”.

 

Fracomina pubblicizza la professione dell’escort, l’analisi della Palmentieri

La viceresponsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti: “Avrei preferito una campagna basata sulle anonime donne che si impegnano nello studio, nell'insegnamento,  nel lavoro, facendo i salti mortali nell'assoluto silenzio”

 

Roma – Sugli autobus della Capitale, ma non solo, sono stati affissi dei manifesti pubblicitari, del marchio d’abbigliamento Francomina, che hanno suscitato scalpore e polemiche giacché riportavano slogan femminili altamente provocanti, come ‘faccio la escort, non sono una ragazza facile’.

 

“Fracomina ha deciso di cavalcare la recente ondata di sdegno femminile – fa notare Licia Palmentieri, viceresponsabile per le Pari Opportunità dell’Italia dei Diritti -, contro le pubblicità offensive verso le donne e i recenti scandali del premier, con una strizzata d'occhio alle potenziali acquirenti troppo semplicistica. Bene l'idea di fondo di andare contro alcuni stereotipi, ma c'è stato l'errore di presentare, ad esempio, il ruolo di escort come una sorta di professione da ufficializzare.

Noi pensiamo – continua la Palmentieri - sia sempre sbagliato lanciare il messaggio della prostituzione come strada vincente. Vendere il proprio corpo può essere una scelta consapevole ma mai la via da indicare ad altre ragazze, mai una sua ufficializzazione come professione vera e propria.. Avremmo perso le nostre battaglie per i diritti femminili se oggi la professione di schiava sessuale volontaria assurgesse a pari dignità rispetto a lavori basati sulle capacità intellettuali di ogni donna. Avremmo favorito la tendenza contemporanea ad indurre le ragazze a considerare vincente e "furbo" vendere il proprio corpo e ciò, pur rispettando la libertà di scelta individuale, va contro la fatica fatta per liberarsi delle gabbie ideologiche che hanno diviso per millenni le donne in ‘sante’ e ‘prostitute’, in ‘angeli del focolare’ o in ‘donne da letto’”.

 

Una semplice e spicciola trovata pubblicitaria, secondo l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro, che sarebbe stata sicuramente più efficace e convincente se avesse trattato altre sfumature dell’universo femminile: “L'intento di Fracomina si infrange miseramente proprio incontrando i soliti stereotipi, i miseri ruoli ai quali attualmente si cerca persino di indirizzare le donne spontaneamente. Intanto l'azienda ha raggiunto lo scopo: far parlare di sé, ottenere l'attenzione mediatica. Avrei preferito di gran lunga  una campagna pubblicitaria basata su donne del quotidiano, le anonime donne che si impegnano nello studio, nell'insegnamento, nella ricerca, nel lavoro impiegatizio, facendo i salti mortali nell'assoluto silenzio mentre tentano di far quadrare il bilancio familiare e di conciliare i tempi di famiglia e lavoro senza alcuna assistenza dalle istituzioni. Magari  - conclude la Palmentieri - spiegare come il governo Berlusconi abbia cancellato le norme introdotte dal precedente governo Prodi a protezione delle lavoratrici italiane, sarebbe stato molto più coraggioso e rivoluzionario”.

Quiz su “grattachecca” per accedere a “Professioni sanitarie”, la Martino polemica

La responsabile per la Scuola e l’Istruzione dell’Italia dei Diritti: “L'inserimento di una domanda tanto demenziale nella batteria dei quiz per l'accesso a facoltà importanti come quelle sanitarie è un segnale inquietante del degrado e dello sgretolamento del concetto di cultura, così come viene oggi intesa”

 Roma -  Incredulità, qualche risata e molta perplessità hanno suscitato nelle aspiranti matricole, alcune delle 80 domande del test d’accesso al corso di laurea “Professioni sanitarie” presso l’università Sapienza di Roma. Nella prova che si è svolta ieri in un'aula della clinica pediatrica del Policlinico Umberto I, sono infatti stati numerosi gli interrogativi  insoliti, decisamente lontani dall’ambito d’interesse medico e scientifico. Fra tutti spiccava il quesito di cultura generale su quali fossero i gusti serviti dalla “Grattachecca” della “Sora Maria”, chiosco in zona Prati, noto ai romani ma forse non alla totalità  degli studenti arrivati in massa dall’intera penisola. Sui fatti è intervenuta Annalisa Martino responsabile per la Scuola e l’Istruzione dell’Italia dei Diritti : “L'inserimento di una domanda tanto demenziale nella batteria dei quiz per l'accesso a facoltà importanti come quelle sanitarie, è un segnale inquietante del degrado e dello sgretolamento del concetto di cultura, così come viene oggi intesa. Questo senza nulla togliere alla dignità professionale di Sora Maria. È inquietante, infatti – prosegue - , che ciò venga inglobato nel pacchetto di dati e di nozioni che dovrebbero connotare il patrimonio culturale di uno studente di 19 anni che si appresta ad intraprendere un percorso significativo come quello universitario. È come se si volesse a tutti i costi abbassare gli standard culturali cui uno studente medio può aspirare. E ciò non significa necessariamente indulgenza verso questa generazione disorientata, sfortunata ed espropriata del proprio futuro, quale è quella dei ventenni del nostro presente. Vuol dire piuttosto, molto più pervicacemente, stigmatizzare uno statuto di debolezza, di inconsistenza e  di assoluta mancanza di apparati valoriali oltre che culturali, accettato ormai come strutturale ai giovani d'oggi” I partecipanti hanno riversato la propria indignazione sui social network, Facebook in particolare, raccontando quanto era accaduto all’esame d’ammissione. Veniva richiesta loro conoscenza  approfondita oltre che  di golose specialità anche delle canzoni di Vasco Rossi, del libro  “Il Codice Da Vinci”, fino ad arrivare a Monica Lewinsky e Peter Pan.“Non credo proprio – asserisce l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – , neanche ricorrendo alla più avveniristica delle ipotesi, che a un aspirante sanitario degli anni sessanta si sarebbe potuto mai porre  simile quesito. Mi rifiuto di pensare, infine, che la domanda sia stata formulata per avvantaggiare gli studenti romani. Ma anche in questo caso – conclude la Martino - , Roma per Roma, si sarebbe potuto porre un quesito, sia pure in ‘veste rosa’, sul Ponte Milvio o su Piazza di Spagna”.

 

Ricorso alla Consulta per legge Brunetta, il parere di Guazzi

Il viceresponsabile per la Pubblica Amministrazione dell’Italia dei Diritti: “Molti dipendenti pubblici sono stati assunti seguendo logiche clientelari, facendo così gravare questo fardello sulle spalle di chi ha lavorato e lavora seriamente”

 

Roma –  A Livorno un giudice del lavoro ha sollevato con un’ordinanza la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 71 della legge 133/2008, la cosiddetta legge Brunetta, che prevede una decurtazione dello stipendio per i primi dieci giorni di malattia per i dipendenti pubblici.

 

“E’ una questione molto spinosa – osserva Andrea Guazzi, viceresponsabile per la Pubblica Amministrazione dell’Italia dei Diritti -. Tutti conosciamo la storica propensione di una fetta di lavoratori statali ad astenersi per lunghi periodi dal posto di lavoro. Sia nella prima che nella seconda Repubblica, molte persone sono state assunte seguendo logiche clientelari, facendo così gravare questo fardello sulle spalle di chi ha lavorato e lavora seriamente”.

 

La norma, secondo il giudice, sarebbe incostituzionale in ragione degli articoli 3,32,36 e 38 della Costituzione. Nell’ordinanza viene sottolineato che si creerebbe di fatto un abbassamento della tutela della salute del lavoratore, che spinto dalle necessità economiche, viene di fatto indotto a lavorare aggravando il proprio stato di malattia.

 

“Come sempre – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – si cerca di risolvere problemi reali in maniera grossolana. Se da un lato sussiste l’illegittimità della norma, dall’altro non è ancora saltato fuori qualcuno che si assumesse la responsabilità di fare in modo che venisse distinto chi è veramente malato dai fannulloni”.

Comune di Bari sommerso da ricorsi contro le multe, il commento della Lusi

La vice responsabile per la Puglia dell’Italia dei Diritti: Il rispetto delle regole, a tutti i livelli, assicura un miglioramento della qualità della vita di tutti in quanto non si può certo dire ai vigili urbani di ‘chiudere un occhio’”

 

 

 

Bari – La tendenza a cercare di farsi annullare le multe, per non pagarle, ha raggiunto a Bari livelli allarmanti. Rispetto al 2001, infatti, i ricorsi presentati al giudice di pace contro le contravvenzioni per infrazioni al codice della strada o rilevate dalla polizia annonaria sono aumentati del 400%. Poiché l’avvocatura dell’ente non ce la fa, la giunta ha affidato la gran mole di lavoro all’avvocato Pierluigi Rossi, con il quale ha stipulato una convenzione affinché si occupi, quindi, di questo contenzioso in cui è coinvolto il Comune. Tutto questo rappresenta per la città di Bari una spesa significativa.    

 

Patrizia Lusi, vice responsabile per la Puglia dell’Italia dei Diritti, ha così commentato la notizia: “La percezione che la cittadinanza ha dell'idea di ‘legalità’ traspare anche da episodi che possono apparire poco significativi se rapportati a quelli gravissimi che riguardano il caso di chi utilizza il potere, derivante dal ruolo pubblico che ricopre, per l'arricchimento personale. Eppure, da qualche parte si dovrà iniziare per creare ‘cittadini modello’ consapevoli che il rispetto delle regole, a tutti i livelli, assicura un miglioramento della qualità della vita di tutti.

L'inciviltà di molti automobilisti – cittadini che rendono la viabilità urbana disastrosa – procura diversi svantaggi a chi, come i portatori di handicap o mamme con passeggini, spesso non riesce a scendere da un marciapiede perché la discesa a loro riservata è puntualmente occupata da veicoli lasciati impunemente in sosta.

Non stupisce allora – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – che  le amministrazioni comunali, come nel caso di quella barese, si trovino sommerse da ricorsi contro le multe e che, in periodi di taglio agli enti locali e mancati trasferimenti dallo Stato agli stessi, queste circostanze comportino aggravi di spese per l'ente pubblico costretto a ricorrere a consulenze esterne.

Non si può certo dire ai vigili urbani di ‘chiudere un occhio’, anzi. Si potrebbero, però, incrementare i controlli, e, soprattutto, il numero delle ore che i bambini delle scuole materne, elementari e medie già dedicano all'educazione civica. Potremmo avere la sorpresa di sentire dai nostri figli moniti su come rispettare le regole del codice della strada e sperare che le stesse restino scolpite nelle loro giovani menti, così da avere futuri ‘cittadini modello’. Anche in questo caso ‘prevenire e' meglio che curare’!”

 

De Pierro ritorna su quiz “grattachecca” alla Sapienza e invoca dimissioni di Frati

Il presidente dell’Italia dei Diritti: “Non solo ha difeso l’indifendibile, ma lo ha fatto pronunciando parole indubbiamente non consone al ruolo da lui rivestito”

 

Roma – ‘Nei pressi del noto liceo Tacito di Roma si trova la grattachecca di Sora Maria, molto nota tra i giovani romani. Sapresti indicare quali sono i gusti tipici serviti? Menta, limone, amarena oppure cioccolato?’, questa è la domanda inserita nel quiz universitario per l’accesso al corso di laurea di “Professioni sanitarie” dell’Università “La Sapienza” di Roma. Al sorgere delle innumerevoli polemiche di questi giorni, il rettore dell’ateneo Luigi Frati, ha motivato la presenza di una simile domanda spiegando che la risposta doveva implicare un ragionamento logico deduttivo e che perfino un ‘coglione’ sa cos’è la “grattachecca”.

 

L’Italia dei Diritti torna ad esprimersi sull’accaduto, attraverso Antonello De Pierro, presidente del movimento, condannando con forza quanto successo: “Consideriamo assolutamente umiliante per gli aspiranti studenti quanto accaduto con l’inserimento dell’oramai noto quiz sulla ‘grattachecca’ della Sora Maria nei test di ammissione al CdL in “Professioni sanitarie”. Sia per un’offesa alla dignità personale dei giovani che si avvicinano verso il mondo del lavoro con rande incertezza, sia per il tessuto culturale che si sta avviando verso un degrado senza precedenti a causa di tanti fattori contingenti, ad iniziare dagli sciagurati provvedimenti di questo governo. Noi dell’Italia dei Diritti non ci stiamo. Dopo l’Italia del bunga bunga non vogliamo essere ridicolizzati dal mondo come l’Italia della “grattachecca”. La nostra solidarietà verso questi studenti è piena e vogliamo dire che siamo assolutamente dalla loro parte e a disposizione per intraprendere qualsiasi lotta civile per la difesa del diritto allo studio conforme a quella che dovrebbe essere la formazione per la loro professione futura.

 

Il leader del movimento che opera a tutela e a difesa dei diritti dei cittadini, pone l’accento sulle inammissibili dichiarazioni del rettore dell’ateneo romano, reclamandone le dimissioni: “Alla luce dei fatti, non accettiamo quanto dichiarato dal rettore Luigi Frati, di cui chiediamo a gran voce le immediate dimissioni – dichiara De Pierro -, certi di interpretare il pensiero della stragrande maggioranza degli studenti che popolano le aule della Sapienza. Anche perché non solo ha difeso l’indifendibile, ma lo ha fatto pronunciando parole indubbiamente non consone al ruolo da lui rivestito, che dovrebbe essere emblema e imprescindibile punto di riferimento per chi si avvicina alla vita d’ateneo nell’ottica di una crescita educativa, formativa e culturale”.

 

“Inoltre sarebbe auspicabile  - conclude De Pierro - individuare chi si è permesso di formulare una domanda così demenziale e rimuoverlo immediatamente dal posto di lavoro che occupa inducendolo a intraprendere ex novo la trafila per accedere al mondo del lavoro, con l’augurio che qualche suo simile si diverta a elaborare una sfilza di quiz legati alla tradizione culinaria capitolina”. 

 

 

 

 

Al Cardarelli malati trasportati su sedie da ufficio, Di Mauro sdegnato

Il vice responsabile per la Campania dell’Italia dei Diritti: “La Sanità dovrebbe essere al di sopra di qualsiasi meccanismo politico e burocratico, ma in realtà è il primo settore a risentirne e soffre di mali che ognuno di noi conosce”

 

 

Napoli – Al pronto soccorso dell’ospedale ‘Cardarelli’ di Napoli per mancanza di barelle i malati, comprese le urgenze, vengono accolti e trasportati all’interno su delle sedie da ufficio, gentilmente fornite dagli impiegati della struttura. Questo accade almeno tre o quattro volte al mese quando, a causa del grande afflusso di pazienti e della mancanza di letti le barelle sono insufficienti in quanto occupate dai degenti in reparto e da chi aspetta di essere visitato.

 

Angelo Di Mauro, vice responsabile per la Campania dell’Italia dei Diritti, ha commentato: “Emerge da questa vicenda il colore napoletano della disponibilità, anche se è l’unica nota che fa sorridere. Il ‘Cardarelli’, così come altri ospedali, è in ginocchio e sono tanti i malati che invece di avere un posto letto in reparto hanno le barelle. Il problema è la mancanza dei posti e della riduzione delle risorse a causa dei tagli: è una situazione che va ormai avanti da troppo tempo. La Sanità dovrebbe essere al di sopra di qualsiasi meccanismo politico e burocratico, ma in realtà è il primo settore a risentirne e soffre di mali che ognuno di noi conosce.

In tutta Italia si verificano questi episodi – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – tanto che troviamo due realtà opposte: ci sono ospedali che rifiutano i ricoveri e quelli che non rifiutano l’assistenza ai malati, ma in quest’ultimo caso si arriva ad avere assistenza sanitaria da campo come nei luoghi di frontiera. Le strutture ospedaliere cadono sempre più in basso. Francamente non so dire quale fra i due comportamenti sia più adeguato, ma a mio avviso non è possibile rifiutare le cure ad un paziente in quanto bisogna aiutarlo. Dall’altro lato, conclude Di Mauro, non è possibile che un malato debba trascorrere la sua degenza su una barella. Si dovrebbero costruire più ospedali e fornire più posti letto. Così non funziona”. 

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