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Universitari da fuori sede a pendolari per crisi, la Martino commenta

La responsabile per la Scuola e l’Istruzione dell’Italia dei Diritti: “La mia paura è che si stia tornando indietro. Se la crisi attanaglia le famiglie meno abbienti che non riescono a sostenere i propri figli all’università non c’è più mobilità sociale”

 

Roma – La Sesta indagine Eurostudent, realizzata dalla fondazione Rui, sotto la direzione di Giovanni Finocchietti, in collaborazione con il Miur ha esaminato le condizioni di vita e di studio degli universitari italiani per l’anno accademico 2008/2009. Dall’indagine è emerso che sei studenti su dieci non ricevono aiuti economici, mentre la metà “sopravvive” restando a casa e lavorando. Lo studente fuori sede è diventato pendolare e dedica maggior tempo allo studio, rispetto al passato, perché la laurea è ancora considerata come veicolo di mobilità sociale.

 

Annalisa Martino, responsabile per la Scuola e l’Istruzione dell’Italia dei Diritti, ha così commentato i risultati dello studio: “Purtroppo questa non è una novità già da qualche anno. E’solo l’inizio di diseguaglianze sociali che caratterizzano sempre più la nostra società, a meno che non si verifichi una controtendenza. Negli anni ’70 numerose università, sull’onda delle rivolte del ’68, permettevano anche a chi aveva un basso reddito di accedere al diritto allo studio e con sostegni anche da parte dello Stato, prime fra tutte l’università in Calabria.

Al di là delle iniziative degli anni ’70, e anche se il governo parla di strascichi deleteri delle proposte di quegli anni, se non ci fossero state ci ritroveremmo in un Paese fermo.

La mia paura – continua l’esponente del movimento presieduto da Antonello De Pierro – è che si stia tornando indietro. Se la crisi attanaglia le famiglie meno abbienti, che non riescono a pagare nemmeno il loro di affitto, e non riescono a sostenere i propri figli all’università non c’è più mobilità sociale. Possiamo aspettarci, quindi, una regressione anche rispetto agli altri Paesi europei. Proprio l’OCSE aveva dichiarato che la società italiana è la più ferma. Torniamo, in questo modo, ad una società fatta di caste e ciò avviene proprio nella scuola perché, togliendo i fondi al servizio pubblico, non si fa altro che accentuare le differenze invece di assottigliarle.

L’obiettivo del governo – continua la Martino – è chiaro: creare una società diseguale in cui solo a pochi, i figli dei figli, si dà la possibilità di occupare cariche e posti di un certo spessore e importanza. Spero vivamente in un cambiamento”.  

 

 

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